IA nella pubblica amministrazione: 57% dei dipendenti pubblici altamente esposto

    L’intelligenza artificiale rappresenta uno shock per la PA. “Dopo la spending review e la pandemia del 2020 la rivoluzione dell’Ia rappresenta la ‘terza ondata’ di trasformazione per il settore pubblico”, una rivoluzione a cui è chiamata a rispondere. Il settore pubblico è fortemente impattato dall’adozione dell’intelligenza artificiale. Il 57% dei 3,2 milioni di dipendenti pubblici italiani è altamente “esposto” all’impatto dell’IA nella propria attività, ovvero sarà interessato da una forte interazione tra le mansioni svolte e quelle che gli algoritmi sono in grado di svolgere. Questa interazione potrà tradursi in un arricchimento delle attività grazie all’apporto dell’IA, oppure in una sostituzione dei lavoratori. Il 28% è moderatamente impattato e il solo 15% subisce un’influenza minima o nulla.

    È quanto emerge dalla ricerca L’impatto dell’intelligenza artificiale sul pubblico impiego presentata il 21 maggio da FPA, in apertura di FORUM PA 2024, l’evento annuale di confronto tra i soggetti pubblici e privati dell’innovazione. Un’indagine che, mutuando la metodologia dei più importanti lavori della letteratura scientifica sul tema (Felten, 2021 e Pizzinelli, 2023), evidenzia come l’avvento dell’intelligenza artificiale rappresenti una vera e propria rivoluzione per la PA.

    Per stimarne l’impatto è stato adattato alle categorie professionali dei dipendenti pubblici italiani il metodo AIOE (Artificial Intelligenze Occupational Exposure) di Edward Felten sull’esposizione occupazionale all’IA.

    Lavoratori pubblici altamente esposti

    Il 57% dei 3,2 milioni di dipendenti pubblici italiani è altamente “esposto” all’impatto dell’IA , parliamo di1,8 milioni di persone, in particolare dirigenti, ruoli direttivi, tecnici, ricercatori, insegnanti, legali, architetti, ingegneri, professionisti sanitari e assistenti amministrativi.

    Tra i lavoratori pubblici altamente esposti:

    • L’80%, 1,5 milioni di dipendenti pubblici, potrebbe integrare l’intelligenza artificiale nel suo lavoro, ottenendo notevoli miglioramenti, grazie alla sinergia tra competenze umane e capacità offerte dall’IA.  Sono i lavoratori con ruoli di leadership e gestione (come dirigenti scolastici, responsabili strategici e leader di progetti innovativi, esperti tecnici e professionisti, prefetti, magistrati e direttori generali), infatti, possono operare in modo complementare con le nuove tecnologie, se adeguatamente formati e con un’organizzazione abilitante. 
    • Il 12%, 218mila, mostra un rischio concreto di essere sostituito: parliamo delle professioni meno specializzate, caratterizzate da compiti ripetitivi e prevedibili che potrebbero essere facilmente svolti dall’intelligenza artificiale.
    • Il restante 8%, circa 154mila dipendenti tra cui molte professioni del settore sanitario e diplomatico), è in una zona ambigua tra potenziali sinergie e rischi di sostituzione.

    “Di fronte a un simile impatto, la pubblica amministrazione è chiamata ad una riforma strutturale – afferma Carlo Mochi Sismondi, Presidente di FPA -. Serve una revisione dei processi di formazione, orientata allo sviluppo di competenze come creatività, adattabilità, pensiero critico e laterale e soft skill, che possono qualificare il lavoro liberato da mansioni ripetitive e routinarie. A livello organizzativo, bisogna abbandonare la logica gerarchica e burocratica per introdurre la flessibilità necessaria a gestire il cambiamento. Mentre la dirigenza è chiamata ad abbandonare la cultura dell’adempimento verso una per obiettivi e risultati”.

    I settori

    L’approfondimento nei comparti svela che gli ambiti in prima linea sono le funzioni centrali e locali della PA, esposte nel 96,2% e del 93,5% dei casi, seguite dall’istruzione e ricerca (72,6%). La maggiore sinergia tra lavoro e intelligenza artificiale emerge soprattutto nell’istruzione e ricerca, dove la percentuale di personale ad alta complementarità con l’AI è il 91,9%. Il rischio sostituzione è particolarmente rilevante nelle strutture centrali della PA, dove tocca il 47,4% (92.859 unità), ma anche nelle funzioni locali (23,8%, 109.801 unità).